tag:blogger.com,1999:blog-86859184505706162262024-03-05T07:06:40.371-08:00IL DIRITTOUnknownnoreply@blogger.comBlogger19125tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-78335723092763881272015-02-26T02:10:00.000-08:002015-02-26T02:10:25.726-08:00Garanzia da prodotto difettoso nel Codice del Consumo<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiB72rjbTiGXkx0AvfOSosXa6hfw5_NfFU0h2bZTCKoePBg_HNWDyRquZQc3AWCaDmepMd_oO5NSKMb8tCKwIY0phcag9I3wrqwjNInEJJhzdOYo3TFhlCqQjW884dRObQ8dpdn85_1dfU/s1600/garanzia.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiB72rjbTiGXkx0AvfOSosXa6hfw5_NfFU0h2bZTCKoePBg_HNWDyRquZQc3AWCaDmepMd_oO5NSKMb8tCKwIY0phcag9I3wrqwjNInEJJhzdOYo3TFhlCqQjW884dRObQ8dpdn85_1dfU/s1600/garanzia.png" height="309" width="320" /></a></div>
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Cosa fare nell'eventualità di <b>prodotto difettoso</b>?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Il Codice Civile prevede che "<i>il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi </i><i>che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore. Il </i><i>patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al </i><i>compratore i vizi della cosa</i>". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">A tale disciplina generale, è bene ricordare, si affianca quella di maggior <b>tutela</b> prevista dal <b><u>Codice del Consumo (D.lgs n.206/2005)</u></b> a favore del <b>consumatore</b> in quanto parte debole del rapporto contrattuale rispetto al venditore <b>professionista</b> (parte forte).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">In particolare, l'art. 130 D.Lgs. n.206/2005 prevede che il venditore sia responsabile nei confronti del consumatore finale per qualsivoglia <b>difetto di conformità</b> sussistente al momento della consegna del bene. In tal caso il consumatore ha diritto, nei limiti espressi dall'articolo, alla <b><u>riparazione o sostituzione del bene</u></b>, senza spese a suo carico, ovvero ad una <b><u>riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto</u></b>.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Laddove il vizio del bene sia di lieve entità, tale per cui i rimedi della sostituzione o riparazione siano eccessivamente onerosi ovvero impossibili, sarà esperibile soltanto il rimedio della riduzione del prezzo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Attenzione: per rientrare nella tutela del <b>vizio in garanzia</b>, il consumatore deve denunciare il vizio del prodotto <b>entro 2 mesi dalla scoperta</b>. La denuncia non è necessaria nel caso in cui il venditore ha riconosciuto l'esistenza del difetto o lo abbia occultato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Inoltre, se il difetto si è manifestato <b>entro i sei mesi dalla consegna del bene</b>,<u> si presume che tale vizio non sia stato causato dall'acquirente ma fosse già insito nel prodotto</u> al momento della consegna e dunque, il consumatore non sarà tenuto a dimostrare che il difetto non sia stato da lui stesso causato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;"><b>Quanto dura la garanzia sui prodotti</b>?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><u><span style="font-size: large;">La garanzia a favore del consumatore non può essere inferiore a 2 anni dalla data dell'acquisto.</span></u></b></div>
<br />
<br />
<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
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</div>
</div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-7528677878825632062012-06-18T02:44:00.001-07:002018-01-13T02:57:46.520-08:00RECESSO ART. 1373 C.C.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<ul style="text-align: left;">
<li><strong>Cosa è il recesso?</strong></li>
</ul>
E' una causa di scioglimento del contratto prevista dalla legge. L'art. 1373 prevede la possibilità di sciogliersi dal contratto tramite dichiarazione unilaterale comunicata all'altra parte.<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li><strong>Tipi di recesso:</strong></li>
</ul>
-<u>Legale</u>: se è prevsito dalla legge. Esercitabile in ogni momento o solo per giusta causa.<br />
-<u>Convenzionale</u>: quando è previsto contrattualmente con apposita clausola.<br />
<br />
<strong>Esercizio di recesso:</strong><br />
<strong>-</strong><u>nei contratti ad esecuzione istantanea</u> (immediata o differita): il recesso, salvo patto contrario, può essere esercitato solo prima che abbia inizio l'esecuzione del contratto. (art. 1373 comma 1).<br />
<br />
-<u>nei contratti di durata </u>(ad esecuzione periodica o continuata): il recesso è ammissibile anche dopo l'inzio dell'esecuzione del contratto ma, salvo patto contrario, non ha efficacia per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (art. 1373 comma 2). Ciò sta a significare che, le parti non possono chiedere la restituzioni delle prestazioni già eseguite.<br />
<br />
<strong>Il recesso nella normativa del consumo</strong>: In tal caso il recesso configura una tutela ancor più ampia che assume i connotati di un vero e proprio <em>ius poenitendi</em> (diritto di ripensamento). <br />
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-51222955369807001732012-06-15T03:21:00.001-07:002018-01-13T02:58:03.113-08:00REVOCAZIONE ART.395 E SS.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<ul style="text-align: left;">
<li>COSA E' LA REVOCAZIONE?</li>
</ul>
E' un mezzo di impugnazione diretto contro un <strong>vizio della volontà del giudice</strong> che si è pronunciato sulla sentenza impugnata e si fonda sull'esistenza di determinate circostanze che, se fossero state conosciute dal giudice, avrebbero portato ad una decisione diversa.<br />
<div>
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>DI CHE TIPO PUO' ESSERE LA REVOCAZIONE?</li>
</ul>
- <u>ORDINARIA</u>: quando impedisce il passaggio in giudicato della sentenza. E' proponibile entro 30 gg. dalla notificazione della sentenza. (art. 395 nn.4 e 5).<br />
- <u>STRAORDINARIA:</u> E' proponibile anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza. (art. 395 nn. 1, 2, 3, 6.)<br />
<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>QUALI SONO I MOTIVI DI REVOCAZIONE?</li>
</ul>
I motivi di revocazione sono tassativamente indicati. Infatti, è ammessa solo nei casi previsti dall'art. 395 c.p.c.<br />
Inoltre, si ricordi che, nei casi in cui è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, la revocazione delle sentenze può esser chiesta dallo stesso pubblico ministero, nei casi in cui la sentenza è stata pronunciata senza sentirlo oppure nel caso in cui la sentenza è l'effetto della collusione delle parti per frodare la legge.<br />
<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>QUALI SONO I TERMINI PER PROPORRE REVOCAZIONE?</li>
</ul>
I termino sono: <b>30 gg</b>. dalla notifica della sentenza, per i casi di revocazione ordinaria.<br />
<b>30 gg.</b> dalla scoperta del dolo o della falsità, dal recupero del documento o dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta il dolo del giudice, per la revocazione straordinaria.<br />
<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>COME SI PROPONE LA REVOCAZIONE?</li>
</ul>
La domanda di revocazione si propone con citazione davanti allo stesso ufficio giudiziario che ha pronunciato la sentenza impugnata. Una parte della dottrina ritiene che la domanda si può proporre con ricorso in caso di revocazione di sentenza della Cassazione o nei riti speciali.<br />
<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>PROCEDIMENTO</li>
</ul>
Si ha una fase <b>rescinden</b>te in cui si valuta l'esistenza o meno del motivo di revocazione ed una fase <b>rescissoria</b> in cui viene deciso il merito della causa e si conclude con sentenza.<br />
<br />
<div style="text-align: left;">
</div>
<ul style="text-align: left;">
<li>QUALI MEZZI DI IMPUGNAZIONE SONO AMMESSI CONTRO LA SENTENZA DI REVOCAZIONE?</li>
</ul>
Sono ammessi i normali mezzi di impugnazione, tranne la revocazione.<br />
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
</div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-8436892144001572262012-06-14T04:55:00.000-07:002018-01-13T02:58:18.483-08:00OPPOSIZIONE DI TERZO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<b>OPPOSIZIONE DI TERZO ARTT. 404 c.p.c. E SS.</b><br />
<br />
L'Opposizione di terzo è un <b>mezzo di impugnazione straordinario</b>, in quanto è possibile proporlo nonostante il passaggio in giudicato della sentenza.<br />
<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>QUALE FUNZIONE SVOLGE L'OPPOSIZIONE DI TERZO?</li>
</ul>
<br />
<b>Rimuovere</b> gli <b>effetti pregiudizievoli</b> che una <b>sentenza</b>, pronunciata tra altre persone, può avere sulla propria sfera giuridica.<br />
<br />
<br />
<ul style="text-align: left;">
<li>CHI PUO' PROPORRE OPPOSIZIONE DI TERZO?</li>
</ul>
<br />
L'opposizione di <b>terzo</b> è proponibile da colui che non è stato parte nel giudizio che si è concluso con la sentenza impugnata.<br />
<br />
<div style="text-align: left;">
</div>
<ul style="text-align: left;">
<li>CASI DI OPPOSIZIONE DI TERZO: </li>
</ul>
<br />
<div style="text-align: left;">
- <b>ORDINARIA</b>: art. 404 comma 1. Non è soggetta a termini.</div>
<div style="text-align: left;">
- <b>REVOCATORIA</b>: art.404 comma 2. Deve essere proposta entro 30 gg.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<ul style="text-align: left;">
<li>FORMA DELLA DOMANDA DI OPPOSIZIONE DI TERZO (art.405 c.p.c.):</li>
</ul>
<br />
<div style="text-align: left;">
Atto di <b>citazione</b> da proporsi innanzi allo <b>stesso giudice</b> che ha pronunciato la sentenza impugnata.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<ul style="text-align: left;">
<li>LA SENTENZA CHE DECIDE SULL'OPPOSIZIONE DI TERZO E' IMPUGNABILE?</li>
</ul>
<br />
<div style="text-align: left;">
Si. Con gli stessi mezzi ammissibili contro la sentenza opposta e dunque, anche con opposizione da parte di altri terzi.<br />
<br /></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-69954354167000052182011-09-13T02:48:00.000-07:002018-01-13T02:58:34.780-08:00MANCANZA DEL FASCICOLO DI PARTE<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<span style="font-size: large;"><b>DOMANDA:</b> Nel redigere le nostre memorie di replica ci accorgiamo della mancanza del fascicolo di parte avversa.</span><br />
<span style="font-size: large;">Come comportarsi?</span><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 10pt; text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Mancanza del fascicolo di parte avversa</span></i></b></div>
<div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Ai sensi dell’art. 169 c.p.c. comma II, ciascuna parte ha facoltà di ritirare il fascicolo all’atto della rimessione della causa al collegio, ma deve restituirlo al momento del deposito della comparsa conclusionale. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Dunque, la ratio di tale norma, mira a dar la possibilità alla parte, di consultare il proprio fascicolo durante l’attività di redazione della comparsa conclusionale e della memoria di replica. Successivamente, ai fini della formazione del giudizio, il fascicolo rientrerà nella disponibilità del giudice.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Nell’eventualità in cui, al momento della decisione, il fascicolo di parte venga a mancare, la giurisprudenza è orientata, prevalentemente, nel ritenere che, il giudice, non è esonerato dal dover decidere la causa. (Cass. civ., sez. I, 2009 n.10227.)</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Peraltro, giurisprudenza maggioritaria nega che, la mancanza del fascicolo di parte, possa far configurare l’improcedibilità della domanda.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Inoltre, il comportamento della parte che ometta di restituire il fascicolo, non può equivalere ad una rinuncia di quanto precedentemente chiesto ed eccepito.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Dunque, dobbiamo chiederci: </span></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">cosa implica l’inosservanza dell’obbligo di restituzione del fascicolo di parte?</span></b><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;"> </span></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">La conseguenza di tale mancanza ha conseguenze dirette sull’operato del giudice, il quale, ai fini della decisione, qualora a mancare sia l’intero fascicolo di parte, utilizzerà esclusivamente il fascicolo d’ufficio e quello della controparte. Tuttavia, benché la giurisprudenza maggioritaria concorda su quest’ultima interpretazione, è bene segnalare un filone interpretativo contrario, in primis il Tribunale di Catanzaro con ordinanza del 5.04.2009, secondo il quale, la mancata restituzione degli atti, ritirati ai sensi dell’art.169 c.p.c., costituendo violazione delle regole del giusto processo, legittimerebbe il giudice a rimettere la causa sul ruolo per disporne l’acquisizione. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Ad ogni modo, per dare una soluzione definitiva alla questione, risulta utile richiamare gli artt. 72 e 74 disp. att. c.p.c., in cui si statuisce che: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">e' onere della parte depositare in giudizio il proprio fascicolo con gli atti ed i documenti di causa da utilizzare come fonte di prova, sicche', in caso di mancato deposito di detto fascicolo, il giudice non puo' rimettere la causa sul ruolo, per il relativo adempimento, ma deve pronunciare nel merito sulla base delle gia' acquisite risultanze istruttorie e degli atti riscontrabili nel fascicolo dell'altra parte ed in quello d'ufficio.</b></span></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">Pertanto, ai fini della redazione delle nostre repliche, ritengo sarebbe sufficiente menzionare, nell’atto stesso, la mancanza del fascicolo di parte avversa, lasciando al giudice la scelta tra: </span></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoListParagraph" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt 92.7pt; text-align: left; text-indent: -18pt;">
<span style="font-family: "symbol"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">·<span style="font: 7pt "Times New Roman";"> </span></span><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">la rimessione della causa sul ruolo ai fini dell’acquisizione del fascicolo</span></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt; text-align: left;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;"> ed</span></div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="MsoListParagraph" style="margin: 0cm 2cm 0.0001pt 92.7pt; text-align: left; text-indent: -18pt;">
<span style="font-family: "symbol"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">·<span style="font: 7pt "Times New Roman";"> </span></span><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 16pt; line-height: 150%;">una pronuncia di merito che sia fondata esclusivamente sui fascicoli presenti e sul fascicolo d’ufficio.</span><br />
<br /></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-84689299103807500602011-09-06T08:57:00.001-07:002011-09-13T02:48:59.850-07:00REVOCA DELLA CONCESSIONE DI VENDITA<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><div style="text-align: left;"><span style="font-size: large;">Pubblico (sotto consenso dell’interessato) la risposta ad una mail privata inviata dal Sig. Daniele, edulcorandola dai dati sensibili.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: left;"><span style="color: red; font-size: large;">DOMANDA: </span><span style="font-size: large;">Salve dott. Pricoco, sono un concessionario di automobili che, poco tempo fa, ha ingiustamente ricevuto una comunicazione di revoca da parte della casa automobilistica (……) motivata esclusivamente sulla facoltà di recesso prevista nel contratto di concessione di vendita. Posso intraprendere un’azione legale per tutelare i miei diritti?</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: left;"><span style="color: red; font-size: large;">RISPOSTA:</span><span style="font-size: large;"> Caro Sig. Daniele, il contratto di concessione di vendita rientra nell’ambito dei contratti di durata, i quali, prevedono la possibilità di recesso per la parte il cui interesse viene meno. Inoltre, come Lei stesso mi riferisce, nel contratto in questione era espressamente prevista la facoltà di recedere. Tuttavia, ciò non toglie che, la casa automobilistica, aveva il dovere di rispettare i generali principi di correttezza e buona fede. La buona fede deve accompagnare il contratto fino al momento della sua esecuzione, e come ha affermato una recente sentenza della Cassazione, anno 2009 n.20106: <i>ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio deve agire nell’ottica di un bilanciamento degli interessi vicendevoli a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di norme specifiche</i>. Detto ciò, mi sento di poter affermare che, la casa automobilistica, non può abusare del diritto riconosciutogli dal contratto. Dunque, ciò che mi preme capire, e a tal proposito avrei bisogno di ulteriori informazioni, è se la casa automobilistica (….) nell’esercitare la sua facoltà di recesso, abbia rispettato i principi di correttezza e buona fede oppure abbia esercitato un abuso di diritto. Ad ogni modo, e in attesa di Sue ulteriori delucidazioni, mi sembra di poter trarre un dato certo: i suoi interessi non sono stati presi nella dovuta considerazione e, dunque, sembrerebbe che il comportamento della casa automobilistica (….) sia avvenuto in violazione delle regole di buona fede, tenendo anche conto del fatto che Lei è in una posizione di debolezza contrattuale. Pertanto, le invierò una successiva mail dove spero poter ottenere alcuni chiarimenti sulla vicenda in modo tale da capire se ci sono gli estremi per chiedere un risarcimento danni per anticipata ed ingiustificata risoluzione contrattuale.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-size: large;">Distinti Saluti</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: left;"><span style="font-size: large;"><i><b>Dott. Pricoco Alberto</b></i></span></div></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-56470083576197008312011-09-02T09:36:00.000-07:002018-01-13T03:35:18.592-08:00RESIDENZA, DIMORA, DOMICILIO: differenze<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<span style="font-size: large;">La <i><b>residenza</b></i> è il luogo presso il quale un soggetto ha stabilito la sua abituale dimora e dunque implica la sua effettiva e abituale presenza in essa. Occorre una previa denuncia all'anagrafe.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">La <i><b>dimora </b></i>è il luogo nel quale un soggetto si trova occasionalmente, ma per un periodo di tempo prolungato (ad esempio per le vacanze estive).</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">Il <i><b>domicilio</b></i> è il luogo nel quale un soggetto stabilisce la sede principale dei suoi affari ed interessi.</span><br />
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-36695884140826933362011-09-02T09:27:00.000-07:002018-01-13T03:35:53.397-08:00LA NOTIFICAZIONE: SCHEMA ESSENZIALE<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<span style="color: red; font-size: large;">Scopo della notificazione</span><span style="font-size: large;">: far conoscere ad un soggetto (destinatario) un determinato atto processuale tramite la consegna di una copia conforme all'originale dell'atto in questione.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">L'<i>ufficiale giudiziario</i>, che è incaricato della notifica, ricerca il destinatario nel comune di residenza.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">Se il destinatario è irreperibile, l'ufficiale giudiziario provvede a consegnare copia dell'atto a una persona di famiglia, addetto alla casa, all'ufficio o all'azienda.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">Se mancano anch'essi provvede a consegnare l'atto a: portiere dello stabile, dell'ufficio, dell'azienda o, in mancanza, ad un vicino di casa, che accetta la ricezione dell'atto.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">In ipotesi di irreperibilità, incapacità, rifiuto di ricevere l'atto, si provvederà al deposito nella casa comunale e all'affissione nella porta di abitazione, ufficio o azienda.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">Infine, verrà spedita al destinatario una raccomandata con avviso di avvenuta notifica.</span><br />
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-864817232724880252011-09-01T02:50:00.000-07:002018-01-13T03:36:24.342-08:00ART. 183 c.c.<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<span style="color: red; font-size: large;">L'art. 183</span><span style="font-size: large;"> c.c. è rubricato: "Prima comparizione delle parti e trattazione della causa", vediamo il perchè.</span><br />
<span style="font-size: large;">Con la nuova formulazione dell'articolo 183 c.c., entrata in vigore dal 1/03/2006, si è prevista<b> un'unica udienza di prima comparizione delle parti e trattazione della causa</b>, mentre, in precedenza l'udienza di comparizione era assolutamente separata da quella di trattazione. Inoltre, prima della riforma del 1990, era possibile modificare le domande, proporre nuove eccezioni e nuovi mezzi di prova fino a quando la causa veniva rimessa al colleggio. Oggi non è più cosi.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>Cosa accade nella prima udienza di comparizione e trattazione?</b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">Innanzitutto viene fissato il thema decidendum (l'ambito su cui il giudice dovrà decidere) ed il thema probandum (i fatti da provare).</span><br />
<span style="font-size: large;">Diversamente<i><b> </b></i>da quanto accadeva in passato, oggi, a seguito delle modifiche introdotte nel 2005, la comparizione personale delle parti durante la prima udienza ed il loro libero interrogatorio da parte del giudice, non sono più momenti necessari ed indefettibili, bensì posso essere disposte dal giudice e soltanto su istanza congiunta della parti. Dunque, solo nell'ipotesi di istanza congiunta delle parti, il giudice fissa una nuova udienza per la comparizione delle parti, il libero interrogatorio e il tentativo di conciliazione. </span><br />
<span style="font-size: large;">Inoltre, durante la prima udienza di comparizione e trattazione, l'attore può proporre le eccezioni che siano conseguenza della domanda riconvenzionale del convenuto.</span><br />
<span style="font-size: large;">Nel corso di tale udienza, le parti possono precisare o modificare le domande e le eccezioni, nonchè chiedere la concessione di termini per modificare le domande, produrre documenti e articolare mezzi di prova. Inoltre, congiuntamente, possono chiedere il rinvio per la loro comparizione personale.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">Dunque, cerchiamo di tracciare un quadro sintetico del nuovo articolo 183</span><br />
<ul style="text-align: left;">
<li><span style="font-size: large;">il G.I. compie le verifiche preliminari (ad esempio verifica la regolarità del contraddittorio o la costituzione in giudizio delle parti, oppure la sanatoria della nullità della citazione o della notificazione)</span></li>
<li><span style="font-size: large;">Le parti, congiuntamente, possono chiedere l'esperimento del libero interrogatorio e del tentativo di conciliazione.</span></li>
<li><span style="font-size: large;">il giudice chiede alle parti i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio.</span></li>
<li><span style="font-size: large;">l'attore può proporre le domande ed eccezioni conseguenti alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni del convenuto</span></li>
<li><span style="font-size: large;">l'attore ha la possibilità di chiamare in causa un terzo</span></li>
<li><span style="font-size: large;">le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate negli atti introduttivi</span></li>
</ul>
<span style="font-size: large;">Inoltre, su richiesta, il giudice assegna alle parti tre termini</span><br />
<ul style="text-align: left;">
<li><span style="font-size: large;"> 30 giorni per precisare e modificare domande, eccezioni e conclusioni</span></li>
<li><span style="font-size: large;">30 giorni per le c.d. "memorie di replica", per poter replicare alle eccezioni e domande nuove o modificate, per proporre le eccezioni conseguenti alle prime e, infine, per l'indicazione dei mezzi di prova</span></li>
<li><span style="font-size: large;">20 giorni per indicare la prova contraria</span></li>
</ul>
<span style="font-size: large;">Il giudice, entro 30 giorni dallo scadere dei suddetti termini, provvede sulle richieste delle parti (con ordinanza), e fissa l'udienza di assunzione dei mezzi di prova.</span><br />
<br />
<div>
<br />
<br />
<br /></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-52802524167122392772011-08-30T08:59:00.000-07:002018-01-13T03:36:53.729-08:00LOCAZIONE<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<span style="color: red; font-size: large;">Cos'è la locazione?</span><br />
<span style="font-size: large;">E' il contratto tramite il quale, il locatore, si obbliga a dare in godimento un bene mobile o immobile al conduttore o locatario, per un determinato periodo di tempo ed in cambio di un corrispettivo in denaro. Trattandosi di un "contratto consensuale" si perfeziona già al momento del raggiungimento dell'accordo, senza che occorra anche la consegna materiale della cosa.</span><br />
<span style="font-size: large;">Inoltre, la locazione, oltre ad essere un contratto consensuale, è anche un contratto ad effetti obbligatori, infatti, il conduttore, non avrà alcun diritto reale sul bene ma semplicemente avrà il diritto di usare e di godere quel determinato bene per un certo arco temporale.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="color: red; font-size: large;">Quali sono i diritti e i doveri del locatore? </span><br />
<span style="font-size: large;">L'art.1575 c.c. rubricato "obbligazioni principali del locatore" recita così: il locatore deve</span><br />
<ol style="text-align: left;">
<li><span style="font-size: large;">consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione</span></li>
<li><span style="font-size: large;">mantenerla in stato da servire all'uso convenuto</span></li>
<li><span style="font-size: large;">garantirne il pacifico godimento durante la locazione. </span></li>
</ol>
<span style="font-size: large;">Inoltre, altro dovere spettante al locatore, ai sensi dell'art.1576, è quello di eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, tranne quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore.</span><br />
<span style="font-size: large;">Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="color: red; font-size: large;">La cosa locata necessita di riparazioni </span><br />
<span style="font-size: large;">Se tali riparazioni non sono a carico del conduttore, questi deve darne avviso al conduttore.</span><br />
<span style="font-size: large;">Se tali riparazioni sono urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo il rimborso, purchè avvisi il locatore.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="color: red; font-size: large;">Vizi della cosa locata: conseguenze</span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art. 1578 c.c., se al momento della consegna della cosa locata, essa è affetta da vizi che ne diminuiscono (in modo apprezzabile) l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore potrà domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili.</span><br />
<span style="font-size: large;">Inoltre, il locatore, è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivanti dai vizi della cosa, a meno che non provi di averli, senza colpa, ignorati al momento della consegna.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">CONTINUA....</span><br />
<br />
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-70702004709496291172011-08-30T03:24:00.000-07:002011-09-13T02:51:21.731-07:00LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><span style="font-size: large;"><i style="color: red;"><b>Risoluzione del contratto per inadempimento</b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art. 1453 c.c., nei contratti a prestazioni corrispettive, allorchè uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.</span><br />
<span style="font-size: large;">Inoltre, mentre la risoluzione può essere chiesta anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento, diversamente non può chiedersi l'adempimento quando è stata chiesta la risoluzione.</span><br />
<span style="font-size: large;">Dalla data della domanda di risoluzione, l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><b><i>Diffida ad adempiere </i></b></span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art. 1454 c.c., la parte può intimare all'altra parte inadempiente, per iscritto, di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà risoluto.</span><br />
<span style="font-size: large;">Tale termine non può essere inferiore a 15 giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine inferiore.</span><br />
<span style="font-size: large;">Decorso inutilmente il termine di cui sopra, il contratto è risoluto di diritto.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>Inportanza dell'inadempimento </b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art. 1455 c.c., il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>Clausola risolutiva espressa </b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In tal caso, la <b>risoluzione</b> si verifica <b>di diritto</b> allorchè la parte interessata dichiara all'altra l'intenzione di avvalersi della clausola risolutiva.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>Termine essenziale per una delle parti </b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art.1457, se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all'altra parte entro <b>3 giorni</b>. In mancanza, il contratto si intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>Effetti della risoluzione </b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art. 1458 c.c. la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto <b>retroattivo</b> tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>La risoluzione pregiudica i diritti acquistati dai terzi? </b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">No. Infatti, l'art. 1458 comma 2, statuisce che: la risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;"><i><b>Eccezione d'inadempimento </b></i></span><br />
<span style="font-size: large;">Ai sensi dell'art.1460 c.c., nei contratti a prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.</span><br />
<span style="font-size: large;">Tuttavia, non può rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: large;">continua.... </span><br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
</div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-69028391411245860132011-08-29T08:59:00.000-07:002011-08-29T09:00:30.929-07:00RESCISSIONE DEL CONTRATTO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><i><b>Il contratto concluso in stato di pericolo</b></i><br />
Ai sensi dell'art.1447 c.c. il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sè o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, può essere rescisso su domanda della parte che si è obbligata<br />
<br />
<i><b>Rescissione per lesione</b></i><br />
Qualora vi sia sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell'altra, e tale sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto.<br />
<br />
Inoltre, è importante ricordare che, l'azione di rescissione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto.<br />
<br />
La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta.<br />
<br />
<i><b>Quando si prescrive l'azione di rescissione?</b></i><br />
L'azione di rescissione si prescrive in <b>un anno</b> dalla conclusione del contratto. Tuttavia, se il fatto costituisce reato si applica l'ultimo comma dell'art. 2947.<br />
<br />
<i><b>E' possibile evitare la rescissione del contratto? </b></i><br />
Si. Infatti, ai sensi dell'art. 1450 rubricato "Offerta di modificazione del contratto", il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità.<br />
<br />
<i><b>Il contratto rescindibile può essere convalidato? </b></i><br />
No, come afferma chiaramente l'art.1451 c.c.<br />
<br />
<i><b>La rescissione del contratto pregiudica i diritti acquistati dai terzi? </b></i><br />
No, fatti salvi gli effetti della trascrizione della domanda di rescissione.<br />
<br />
<i><b>Dott. Pricoco Alberto </b></i></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-68486216531913969692011-08-29T08:00:00.000-07:002011-08-29T08:07:54.086-07:00AZIONE DI ANNULLAMENTO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><span style="font-size: small;">Ai sensi dell'art. 1441, l'<b>annullamento</b> del contratto può essere chiesto solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.</span><br />
<span style="font-size: small;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: small;">Tale azione si prescrive in<b> 5 anni</b>. Quando l'annullabilità dipende dal vizio del consenso o da incapacità legale, il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione, ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età.</span><br />
<span style="font-size: small;">Invece, negli altri casi, il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto.</span><br />
<span style="font-size: small;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: small;"><b><i>E' possibile convalidare il contratto annullabile?</i></b></span><br />
<span style="font-size: small;">Si. L'art. 1444 c.c. statuisce che, il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che si intende convalidarlo.</span><br />
<span style="font-size: small;">Inoltre, il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione, pur conoscendo il motivo di annullabilità.</span><br />
<span style="font-size: small;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: small;"><b><i>Quali sono gli effetti dell'annullamento nei confronti dei terzi?</i></b></span><br />
<span style="font-size: small;">Ai sensi dell'art. 1445 c.c., l'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento.</span><br />
<span style="font-size: small;"><br />
</span><br />
<span style="font-size: small;"><b><i>Dott. Pricoco Alberto</i></b></span><br />
<br />
</div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-42112460063991281412011-08-29T03:16:00.000-07:002011-08-29T08:06:07.965-07:00VIZI DEL CONSENSO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">Ai sensi dell'art. <b>1427 c.c.</b>, nell'ambito di un rapporto contrattuale, il consenso dato per <b>errore</b>, estorto tramite l'uso della <b>violenza</b> o carpito con <b>dolo</b>, può comportare l'<b>annullamento</b> del contratto.<br />
<br />
<br />
<br />
Per quanto riguarda l'<b style="color: red;">errore</b>, esso è causa di annullamento contrattuale quando è<b> essenziale</b> e <b>riconoscibile</b> dall'altro contraente.<br />
<br />
<b><i>Quando l'errore è essenziale?</i></b><br />
Ai sensi dell'art. 1429, in sintesi, l'errore è essenziale quando:<br />
<ul style="text-align: left;"><li>riguarda la <i>natura</i> o l<i>'oggetto</i> del contratto</li>
<li>è determinante del consenso</li>
<li>cade sull'identità o sulle qualità dell'altro contraente, sempre che tali errori siano determinanti del consenso</li>
<li>trattandosi di errore di diritto, ha rappresentato la ragione unica o principale del contratto.</li>
</ul><br />
<b><i>L'errore di calcolo può dar luogo ad annullamento del contratto? </i></b><br />
Ai sensi dell'art. 1430, l'errore di calcolo non può dar luogo ad annullamento contrattuale bensì a <b>rettifica</b>, a meno che si tratti di errore sulla quantità ed è stato determinante del consenso.<br />
<br />
<i><b>Quando l'errore è riconoscibile? </b></i><br />
Ai sensi dell'art. 1431, l'errore è riconoscibile quando, in base al contenuto, alle circostanze del contratto o alle qualità dei contraenti, una persona di <b>normale diligenza</b> lo avrebbe potuto rilevare.<br />
<br />
E' importante rilevare che, la parte caduta in errore, non può chiedere l'annullamento se, l'altro contraente, abbia offerto di eseguire il contratto in modo conforme a quanto prestabilito in sede di conclusione del contratto. (vedi art.1432 c.c.)<br />
<br />
<br />
Esaminiamo adesso la <b><span style="background-color: red; color: red;"><span style="background-color: white;">violenza</span></span><span style="background-color: white;">.</span> </b>Ai sensi dell'art.1434, la violenza è causa di annullamento del contratto, anche qualora sia esercitata da un terzo.<br />
<br />
<b><i>Caratteri della violenza: </i></b><br />
Ai sensi dell'art. 1435 c.c. la violenza deve essere tale da impressionare una persona sensata e farle temere di incorrere in un male ingiusto e notevole.<br />
<br />
<i><b>Il timore riverenziale può essere causa di annullamento del contratto? </b></i><br />
No. (vedi art.1437 c.c.)<br />
<br />
<i><b>La minaccia di far valere un diritto può esser causa di annullamento del contratto?</b></i><br />
Soltanto quando è diretta a far conseguire vantaggi ingiusti.<br />
<br />
<br />
Infine, esaminiamo il <b style="color: red;">dolo</b>. Ai sensi dell'art.1439, il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe contrattato. Inoltre, quando i raggiri sono posti in essere da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio.<br />
<br />
E' importante menzionare l'art. 1440 rubricato "<b>dolo incidentale</b>": se i raggiri non stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, infatti, anche senza tali raggiri, esso sarebbero stato concluso. Tuttavia, il contraente in mala fede risponde dei danni.<br />
<br />
<b><i>Dott. Pricoco Alberto </i></b></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-3276893844196909242011-07-11T07:06:00.000-07:002011-07-11T07:09:44.950-07:00PERDITA E DETERIORAMENTO DELLA COSA LOCATA art.1588 c.c.<div style="color: orange; text-align: justify;"><span style="font-size: large;">DOMANDA: <span style="color: black;">Nell'ambito di un contratto di locazione, il conduttore, risponde sempre e comunque della perdita o del deterioramento della cosa locata? </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="color: orange;">RISPOSTA</span>: No. Infatti, l'art.1588 c.c., in sintesi, statuisce che, il conduttore, risponde della perdita e del deterioramento della cosa avvenuti nel corso della locazione, <b>a meno che</b> non provino che siano avvenuti per <b>causa a lui non imputabile</b>.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Sempre l'art.1588 c.c. continua dicendo che: il conduttore, è pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che ha ammesso, anche temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa.</span></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-41240701267768481552011-05-28T11:12:00.000-07:002018-01-13T03:37:50.564-08:00FURTO IN ALBERGO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div style="font-family: Times,"Times New Roman",serif;">
<span style="font-size: large;">Il Sig. Marco T. mi scrive ponendomi un interessante quesito che ho deciso di pubblicare perchè trattasi di una situazione purtroppo molto frequente, cui il diritto fornisce un'ampia tutela.</span></div>
<div style="font-family: Times,"Times New Roman",serif;">
<span style="font-size: large;"></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Così mi scrive: <i>Salve sono Marco T. recentemente ho trascorso le vacanze presso una struttura vacanziera nei pressi di Cefalù. Tutto sarebbe andato alla perfezione se non fosse che, nella notte tra sabato e domenica, mentre io e tutti i miei amici eravamo all'interno della discoteca del villaggio, dei malviventi entravano nelle nostre stanze e ci derubavano di tutti i nostri beni. Le chiedo e le domando: è possibile chiedere un risarcimento danni alla struttura alberghiera, visto che, oltre a non garantire la sicurezza delle camere, hanno omesso di sorvegliare i cancelli della struttura da dove furtivamente si sono introdotti, durante la notte, i malviventi?</i></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<i><span style="font-size: large;">Preciso inoltre che sulla porta della camera era affisso un foglio in cui si esonerava la struttura da qualsiasi responsabilità in caso di furto. Ciò mi impedisce di chiedere un risarcimento? </span></i><br />
<i><span style="font-size: large;">La ringrazio sin da ora, Marco T. </span></i></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><b>RISPOSTA:</b></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Caro Sig. Marco T., innanzitutto mi spiace per l'accaduto.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">La questione giuridica è piuttosto articolata ma ritengo risolvibile.<b> </b> </span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"> Provo a dare un' ampia panoramica, che comprende anche casi analoghi al suo, in modo che la soluzione, sarà ancor più evidente.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Dunque,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">il codice civile, nell´ambito del contratto di deposito in generale, disciplina, in particolare, il <b>deposito in albergo (art. 1783-1786)</b> e attribuisce, espressamente, una precisa <b>responsabilità all'albergatore</b> nell'eventualità di furti avvenuti all'interno della struttura vacanziera, in virtù dell'<b>obbligo di custodia</b> gravante sul fornitore della prestazione. Infatti, ai sensi dell'art. <b>1783 c.c.</b> rubricato “<b>Responsabilità per le cose portate in albergo</b>”, gli albergatori, sono responsabili non solo di ogni sottrazione, ma anche di ogni deterioramento e distruzione delle cose portate dal cliente in albergo, sia se le cose si trovano in hotel, sia se le cose sono nella custodia dell'albergatore fuori dalla struttura durante il soggiorno.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Inoltre, il legislatore, a carico dell'albergatore, ha previsto la piena risarcibilità dell'oggetto sino all'equivalente di <b>cento volte</b> il prezzo di locazione dell'alloggio al giorno.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Non è invece previsto alcun limite di responsabilità nel caso in cui risulti la colpa dell'albergatore, dei suoi ausiliari o dei suoi familiari, in tal caso infatti la responsabilità è illimitata.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;"><br />
</span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;">La <b>sent. n. 19769 del 2003</b> della Corte di Cassazione, statuendo in merito al furto subito da un cliente narcotizzato durante la notte nella sua stanza d’albergo da ignoti che gli avevano sottratto un orologio ed una cospicua somma di danaro, ha chiarito alcuni importanti principi : </span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><i>“Quanto alla responsabilità per le </i><b>cose portate in albergo</b><i> (art. 1783 c.c.), il</i><b> cliente,</b><i> che</i><b> non ha l’obbligo di affidare le stesse all’albergatore</b><i> (</i><i><b>Cass. n. 1684-1994</b></i><i>), in caso di sottrazione delle stesse, ha diritto ad</i><b> ottenere il risarcimento del danno</b><i>. </i></span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><br />
</span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><i>“Qualora, invece, la cosa depositata in albergo dal cliente costituisca una </i><b>somma di denaro</b><i>, l’obbligo contrattuale che</i><b> grava sull’albergatore depositario </b><i>è quello di </i><b>custodire e restituire</b><i> </i><i><b>la stessa somma di denaro</b></i><i>.</i></span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><br />
</span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Inoltre, per quanto sopra, si può facilmente evincere che, le frequenti dichiarazioni con cui gli albergatori declinano qualsivoglia responsabilità per i furti di oggetti lasciati nelle camere, <b>non hanno alcun valore giuridico</b>, avendo il legislatore previsto una precisa responsabilità a loro carico.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><br />
</span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;">Dunque, caro Marco, l'unico <b>ostacolo</b> ad un riconoscimento dei suoi diritti, potrebbe venire dall'articolo <b>1785 c.c</b>., secondo cui, l´albergatore, è esente da responsabilità nel caso in cui il deterioramento, la distruzione o la sottrazione del bene siano dovuti a forza maggiore o alla natura del bene stesso. Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che, nell'eventualità di furti verificatosi a causa di negligenze nella sorveglianza dei locali dell´albergo, sussiste la responsabilità civile dell´albergatore nei confronti del cliente derubato. <br />
<span style="background: none repeat scroll 0% 0% transparent;">In questa circostanza, sempre secondo la giurisprudenza (</span><b><span style="background: none repeat scroll 0% 0% transparent;">Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2009, n. 10493</span></b><span style="background: none repeat scroll 0% 0% transparent;">) l´albergatore potrebbe liberarsi solo riuscendo a dimostrare che la prevenzione del furto avrebbe richiesto l´adozione di cautele e di costi sproporzionati ed inesigibili rispetto alla natura, al livello e </span></span><span style="font-family: inherit; font-size: large;"><span style="background: none repeat scroll 0% 0% transparent;">ai prezzi della prestazione alberghiera, nonchè in relazione al rischio concreto del verificarsi di eventi del genere di quello in oggetto .</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;">La pronuncia in questione (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2009, n. 10493) riguardava il caso di furto di una pelliccia di valore (alla presenza degli <b>occupanti, </b><span style="font-weight: normal;">che</span><b> dormivano</b>) nella stanza di un albergo. <br />
Dalla suddetta sentenza della Corte, emerge che, all'incompletezza del servizio di custodia (orario limitato del servizio depositi) deve fare riscontro una <b>particolare vigilanza sull'albergo e sull'accesso alle camere</b>, nelle ore di chiusura del servizio.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;">Pertanto, senza dilungarmi oltre, ritengo Lei abbia ottime possibilità di far valere le sue ragioni.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; line-height: 150%;">
<span style="font-size: large;">Distinti Saluti.</span></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-82440155002770372862011-05-19T06:35:00.000-07:002018-01-13T03:38:08.927-08:00PRESCRIZIONE DI 5 ANNI PER L'ASSEGNO DI MANTENIMENTO<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="article-content">
<div class="MsoNormal" style="line-height: 150%; text-align: justify;">
<span style="font-family: "arial";">I ratei mensili degli assegni di mantenimento per i figli, così come gli assegni di separazione e di divorzio per il coniuge, costituendo prestazioni che debbono essere pagate periodicamente in termini inferiori all’anno, ai sensi dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., si prescrivono in cinque anni, non rilevando, al fine dell’operatività di tale norma - anziché di quella dell’art. 2953 - il fatto che essi siano dovuti in forza di sentenza di separazione o divorzio passata in giudicato, costituendo questa fonte dell’obbligazione periodica e titolo esecutivo per l’esazione dei singoli ratei, ma non costituendo invece giudicato sulla debenza del singolo rateo, tenuto conto della particolare struttura delle obbligazioni in questione (</span><span style="font-family: "arial";">Cass., Sez. I, 1 giugno 2010, n. 13414).</span></div>
</div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-9173605151161172562011-05-09T14:54:00.000-07:002018-01-13T03:38:31.231-08:00-AMIANTO- BENEFICI CONTRIBUTIVI: NATURA PREVIDENZIALE O RISARCITORIA?<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div style="font-family: Times,"Times New Roman",serif;">
<span style="font-size: large;">La legge 257/92 rubricata “norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto” pone un complesso problema interpretativo avente ad oggetto la natura del beneficio previsto dall'art.13 della suddetta legge a favore del lavoratore impegnato in attività a contatto con l'amianto e che a</span><span style="font-size: large;">bbia maturato almeno 30 anni di contributi. La legge, prevede infatti, una </span><span style="font-size: large;">maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque anni. La problematica riguarda la natura del beneficio previsto a favore del lavoratore, se debba intendersi come un beneficio di natura previdenziale o di natura risarcitoria (o quantomeno indennitaria). La scelta non è di poco conto e per capirne la portata è possibile partire da un caso concreto. Supponiamo che un lavoratore impegnato per dieci anni in un'attività a contatto con l'amianto, al momento dell'entrata in vigore della legge 257/92 avesse già maturato 34 anni di contributi e pertanto ottenga una maggiorazione contributiva soltanto di un anno. E' possibile monetizzare gli anni in cui ha lavorato senza poter usufruire della maggiorazione dell'anzianità contributiva? E nell'eventualità di risposta affermativa, a titolo di risarcimento o di indennizzo? </span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;"><br />
</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black; font-size: large;">La tesi prevalente che nega la natura risarcitoria della norma a favore di una natura previdenziale, si fonda sulla affermazione che la l. 257/92 abbia il solo fine di garantire un pensionamento anticipato ma, se così fosse, a che titolo le sentenze, di seguito menzionate, hanno statuito per la maggiorazione dei contributi pensionistici di lavoratori già in pensione? E’ chiaro</span><span style="font-size: large;"> che, in tali ipotesi, non viene in rilievo alcuna finalità di prepensionamento anticipato, e sembrerebbe dunque emergere un intento risarcitorio.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Infatti, con due distinte sentenze che assurgono a “giurisprudenza”, il Giudice del Lavoro di Lecco ha riconosciuto a 12 lavoratori (11 erano in pensione, uno era prossimo al congedo dell’azienda) il diritto a una maggiorazione contributiva pensionistica per essere rimasti a lungo esposti all’amianto. Il ricorso era stato depositato nel febbraio 2008 e la vicenda si è conclusa con la condanna dell’Inps a erogare le maggiorazioni contributive previste dalla Legge 257/92 . Il ricorso era stato presentato allorché i 12 lavoratori si videro rifiutare dalle due aziende l’incremento contributivo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Ne consegue che i beneficiari della maggiorazione contributiva non sono solo coloro che, in attività di servizio, debbono ancora maturare il diritto alla pensione, ma anche i lavoratori già pensionati (che sono stati esposti all’amianto). </span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Ad adiuvandum, la Corte costituzionale, con sentenza del 12 gennaio 2000 n. 5, ha sottolineato che la finalità della norma in questione è di </span><span style="font-size: large;"><b>natura indennitario/risarcitoria</b></span><span style="font-size: large;"> del “bene salute” sottoposto a rischio effettivo o potenziale (rifiutando la pregressa tesi della Cassazione che lo individuava in un beneficio a tutela del pregiudicato “bene dell’occupazione” conseguente alla cessazione dell’uso e produzione dell’amianto, e dunque ristretto ai soli lavoratori impiegati nelle specifiche industrie e lavorazioni dismesse). Per dissipare qualsiasi equivoco al riguardo, la Corte costituzionale, ha espressamente statuito che “</span><span style="font-size: large;"><i>lo scopo della disposizione </i></span><span style="font-size: large;">(art. 13, comma 8°, L. 257/92)</span><span style="font-size: large;"><i>, va rinvenuto nella finalità di offrire, ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità morbigene</i></span><span style="font-size: large;">”.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Inoltre, altra chiarificazione desumibile dalla formulazione dell’art. 13 L. 257/92 e in particolare dal comma 8, è quella che comporta la pacifica spettanza del beneficio anche per quei lavoratori in attività di servizio che all’amianto sono stati esposti in periodi totalmente o parzialmente precedenti all’entrata in vigore della L. n. 257/92, sia perché manca nella legge qualsiasi correlazione alla “dipendenza” attuale da imprese (che utilizzano o meno l’amianto come materia prima) già contenuto nel testo iniziale del D. L. 169/93, poi eliminato nella L. 271/93 di conversione, sia per l’uso del termine al passato “lavoratori che siano stati esposti all’amianto”.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Sempre la Corte costituzionale nella sopra menzionata sentenza 12 gennaio 2000 n. 5, designa correttamente ed esaustivamente la finalità dell’art. 13, comma 8°, della L. n. 257/1992, tanto da non poter essere più messa in discussione e quindi caducando, implicitamente, il vecchio orientamento della Cassazione espresso nelle decisioni n. 6605/1998, n. 6620/1998, n. 7407/1998 e n. 10722/1998 facente perno sul diverso scopo di tutela del bene/occupazione. Infatti, la Corte Costituzionale, individua la finalità della legge nella volontà di </span><span style="font-size: large;"><b>risarcire un danno</b></span><span style="font-size: large;"> potenziale (o effettivo) arrecabile al bene della salute. A tal fine, la Corte espressamente afferma: “</span><span style="font-size: large;"><i>Lo scopo della disposizione censurata</i></span><span style="font-size: large;"> (art. 13, 8 comma, L. n. 257/92</span><span style="font-size: large;"><i>,</i></span><span style="font-size: large;">) </span><span style="font-size: large;"><i>va rinvenuto nella finalità di offrire, ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno 10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità morbigene. Il criterio dell’esposizione decennale costituisce un dato di riferimento tutt’altro che indeterminato, specie se si considera il suo collegamento, contemplato nello stesso articolo 13, comma 8, al sistema generale di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto, gestito dall’Inail. Nell’ambito di tale correlazione, il concetto di esposizione ultradecennale, coniugando l’elemento temporale con quello di attività lavorativa soggetta al richiamato sistema di tutela, viene ad implicare, necessariamente, quello di rischio, e, più precisamente, di rischio morbigeno rispetto alle patologie, quali esse siano, che l’amianto è capace di generare per la sua presenza nell’ambiente di lavoro;</i></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Una volta affermato, come correttamente fa la Corte costituzionale nella decisione n. 5/2000, che la finalità del legislatore estensore dell’art. 13, 8° comma, della L. n. 257/1992, risiedeva nell’approntare misure di ristoro e di </span><span style="font-size: large;"><b>indennizzo</b></span><span style="font-size: large;"> nei confronti degli irrimediabili pregiudizi alla salute, suscettibili di risolversi in un accorciamento della vita dei lavoratori, non si comprende perchè gli orientamenti più recenti negano i precedenti giurisprudenziali che identificavano il beneficio della supervalutazione contributiva in una misura legislativa di </span><span style="font-size: large;"><b>tutela compensativa</b></span><span style="font-size: large;"> per i lavoratori anche quando, ad esempio, si fossero trovati privi dell’occupazione e non avessero potuto ricorrere agli altri strumenti approntati dall’art. 13 (cioè ad esempio i prepensionamenti). </span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Dunque, la logica per cui i benefici di supervalutazione contributiva siano finalizzati a risarcire i pregiudizi potenziali al bene/salute sembra essere negata, non tenendo conto, in tal modo, delle reali intenzioni del legislatore. Infatti, </span><span style="font-size: large;">la stessa scelta legislativa di condizionare al solo requisito della “esposizione temporale ultradecennale” ad una sostanza ad innegabile rischio morbigeno, la spettanza del beneficio della supervalutazione contributiva del periodo di esposizione medesima, rappresenta di per sè un valido e ragionevole criterio indicativo della </span><span style="font-size: large;"><b>finalità indennitario/risarcitoria</b></span><span style="font-size: large;"> della platea dei beneficiari. </span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">E giustappunto è la stessa Corte costituzionale che si premura di affermare che “ </span><span style="font-size: large;"><i>il concetto di esposizione ultradecennale viene ad implicare, necessariamente, quello di rischio, e, più precisamente di rischio morbigeno rispetto alle patologie, “quali esse siano”, che l’amianto è capace di generare per la presenza nell’ambiente di lavoro”.</i></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Ad ogni modo, le conclusioni più convincenti per affrontare la tematica in oggetto si leggono nell’approfondita ed esaustiva sentenza del Tribunale di Ravenna del 13 aprile 2001 ove la questione è esaminata con dovizia di argomentazioni, il cui rigoroso estensore, si è espresso nel senso che: “In base alla L. n. 257/1992, secondo l'interpretazione della Corte costituzionale resa con la sentenza 12 gennaio 2000, n. 5, i benefici per l'esposizione all'amianto non sono limitati a chi era soggetto al premio per l'asbestosi, né solamente a chi ha perso il posto nel settore amianto, ma sono dovuti a tutti i lavoratori esposti per oltre dieci anni all'amianto - in </span><span style="font-size: large;"><b>funzione compensativa/risarcitoria</b></span><span style="font-size: large;"> a favore di chi ha avuto accorciata presumibilmente la vita per l'esposizione all'amianto e che è soggetto dopo un periodo lunghissimo al sopraggiungere improvviso e imprevedibile di malattie gravissime o della morte. </span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Emergendo, dunque, un’innegabile funzione risarcitoria, non è possibile negare la monetizzazione del beneficio per quei lavoratori che hanno </span><span style="font-size: large;">lavorato per oltre trent’anni senza poter usufruire della maggiorazione dell'anzianità contributiva. Anche perché, diversamente, si darebbe luogo ad un </span><span style="font-size: large;"><b>trattamento discriminatorio</b></span><span style="font-size: large;">. A tal proposito appare utile seguire il percorso logico del Tribunale di Ravenna che, </span><span style="font-size: large;">con ordinanza dell’11 giugno 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13 comma 7 della legge 27 marzo 1992 n.257, nella parte in cui nega l’erogazione del beneficio per i lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all’amianto che si trovassero già in pensione al momento della entrata in vigore della legge 257/1992. </span> </div>
<div align="JUSTIFY" style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Il giudice rimettente ha correttamente evidenziato che “</span><span style="font-size: large;"><i>qualunque lavoratore può contrarre una malattia da esposizione all’amianto a prescindere dalla data di conseguimento della pensione, dalla cessazione dell’attività morbigena e dal settore lavorativo di appartenenza</i></span><span style="font-size: large;">”, posto che, le malattie da amianto possono sopraggiungere anche a notevole distanza di tempo dalla esposizione professionale e dalla cessazione della attività lavorativa, rappresentando, dunque, un evento futuro ed incerto,</span><span style="font-size: large;"><b>privo di qualsiasi correlazione con l’epoca del pensionamento</b></span><span style="font-size: large;">. Ciò, oltre a determinare un’irragionevole disparità di trattamento, escluderebbe, ad esempio, la tutela dei lavoratori che hanno cessato di svolgere la propria attività lavorativa perché ammalati. Sostiene ancora il giudice rimettente, “</span><span style="font-size: large;"><i>differenziare chi è andato in pensione per lo stesso fatto di aver contratto la malattia prima o dopo l’entrata in vigore della legge</i></span><span style="font-size: large;">”, produrrebbe un’innegabile disparità di trattamento che risulterebbe in contrasto con i doveri inderogabili di solidarietà sociale ed umana sanciti dall’art. 2 Cost.</span></div>
<div style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Arroccarsi su una mera finalità di pensionamento anticipato, così come ha fatto la Corte Costituzionale con la conseguente sentenza dell’ 8 OTTOBRE 2010 N.290, significa non voler percepire lo spirito riparatorio e di solidarietà umana verso cui intendeva muoversi il legislatore che, anche recentemente, sembra seguire un iter opposto rispetto alle sentenze della Corte.</span></div>
<div style="font-family: Times,"Times New Roman",serif; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Esiste infatti, una “bozza di d.d.l. di modifica dell’art. 13, 8° co., l. n. 257/92” composta da 5 articoli, utile per capire l'intenzione verso cui si è orientato e continua ad orientarsi il legislatore. Il contenuto di questa “bozza”, tramite l’abrogazione della preesistente normativa, in sintesi, mira a sganciare la "maggiorazione" dell’anzianità contributiva ad una mera finalità di pensionamento anticipato e a trasformarla invece in “beneficio economico”. Infatti, l’intentio legis, è quella di evitare il continuo proliferare di interpretazioni intorno ad una norma che, in primis, si pone a tutela di quei lavoratori, la cui esposizione all’amianto possa aver compromesso il bene fondamentale della salute. Il futuro intervento del legislatore dovrebbe evitare, una volta per tutte, che l’ambito operativo della norma venga ristretto entro una mera e quanto mai insufficiente finalità di prepensionamento. </span></div>
</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8685918450570616226.post-12938517108702278832011-04-29T07:02:00.000-07:002018-01-13T03:39:08.906-08:00Contratto di vendita di pacchetti turistici e contratti di multiproprietà. Il fenomeno della contrattualizzazione dell’informazione<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<ol style="text-align: justify;"><h2 class="titolo2-western" lang="zxx">
</h2>
</ol>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div lang="zxx" style="line-height: 200%; margin-bottom: 0cm; text-align: left; text-indent: 1.25cm;">
Prendendo in considerazione l'articolo 86 del codice del consumo riguardante gli elementi del contratto di vendita dei pacchetti turistici, emerge che tali elementi sono gli stessi che formano oggetto dell'opuscolo informativo: viene in essere la c.d. contrattualizzazione dell'informazione, dunque le informazioni preventive che debbono esser fornite alla generalità dei consociati divengono contenuto del contratto (c.d. informazione contrattualizzata).</div>
<div>
</div>
<div lang="zxx" style="line-height: 200%; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-indent: 1.25cm;">
A questo punto viene da chiedersi quale potrebbe essere la tutela dato che la norma non lo specifica. E' possibile tuttavia osservare che si è in presenza di regole imperative e dato che l'art. 86 parla di elementi del contratto, se un pacchetto turistico non fornisce certe informazioni o ne fornisce di false, il contratto risulta carente di un suo elemento e di conseguenza contravviene ad una regola imperativa che dunque darà luogo a nullità.</div>
<div style="text-align: justify;">
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L'art.87 specifica poi quando deve essere fornita l'informazione: “prima delle trattative e in ogni caso prima della conclusione del contratto”, si tratta dunque di una informazione precontrattuale. Inoltre,senza citarle specificamente, è possibile ricordare la sussistenza di tutta una serie di informazioni che devono essere fornite nel corso delle trattative.</div>
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L'informazione sembra dunque esser diventata il cuore del contratto, assume un ruolo di primaria importanza che nel codice civile non è riscontrabile. Essa diviene infatti strumento di tutela della parte debole del contratto, poiché garantisce la completezza del regolamento contrattuale in tutti i suoi elementi, in maniera tale che non vi siano margini di discrezionalità affidati a una delle parti e per farlo si inserisce all'interno del contenuto del contratto.</div>
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Il diritto europeo dei contratti ha inteso l'informazione come funzionale al regolamento contrattuale e dunque è inutile guardare solo e sempre all'accordo, all'oggetto, alla causa e alla forma, bensì il problema vero è capire come ottenere un regolamento contrattuale che sia il più efficiente possibile, il più aderente agli interessi che manifestino le parti e che li tuteli.</div>
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Alla luce di queste osservazioni non resta che concludere nel senso che l’informazione resa dal professionista, anche prima della conclusione del contratto, diventa fonte di obbligazioni per la parte, e quanto promesso e pubblicizzato può vincolare il professionista allo stesso modo di quanto contenuto nel contratto.</div>
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Un’ulteriore conferma di questa trasformazione nella ricostruzione degli obblighi di informazione può trarsi dalla disciplina dei contratti di multiproprietà. Anche per questa tipologia contrattuale il legislatore (quello europeo prima, e quello nazionale dell’attuazione poi) ha individuato una serie di informazioni che devono essere fornite al consumatore prima della conclusione del contratto e destinate a trovare collocazione nel documento informativo, in aggiunta ad una sequenza di informazioni che devono risultare all’interno del contratto, giusto quanto previsto nell’art. 71 cod. cons.</div>
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Per quanto riguarda il documento informativo, che ovviamente si colloca in una fase antecedente a quella di conclusione del contratto e, dunque, in piena fase delle trattative, questo deve essere redatto per iscritto a pena di nullità e in una delle lingue specificamente indicate dal quarto comma dell’art. 70 cod. cons. Assai rilevante è il fatto che il professionista sia obbligato a consegnarne una copia a chiunque chieda informazioni sul bene immobile, e a garanzia del consumatore si prevede la vincolatività delle informazioni ivi contenute, che dovranno essere per intero riversate nel contenuto del contratto (l'informazione preventiva deve dunque essere inserita nel contratto, anche in tal caso si parla di contrattualizzazione dell'informazione). Ancora, il venditore non può apportare modifiche agli elementi del documento informativo, “a meno che le stesse non siano dovute a circostanze indipendenti dalla sua volontà; in tale caso le modifiche devono essere comunicate alla parte interessata prima della conclusione del contratto ed inserite nello stesso”. Tuttavia, una volta che si sia già verificata la consegna del documento informativo, alle parti è riconosciuto il diritto di accordarsi per modificarne il contenuto.</div>
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Concludendo, poiché l'informazione si contrattualizza, diventando requisito del contratto , se manca, dato che essa ha carattere imperativo e quindi non sono ammessi patti in deroga, la sanzione prevista non sarà soltanto il risarcimento in caso di danni ma anche la nullità del contratto ai sensi dell'art.1418 che la prevede in caso di violazione di norme imperative.</div>
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